Approfondimenti in tossicologia
Le intossicazioni degli animali domestici sono un evento tutt’altro che raro e la gravità di questi episodi dipende molto dalla sostanza tossica responsabile e dalla dose ingerita. La tempestività della diagnosi e l’identificazione dell’agente coinvolto risulta essere indispensabile per poter impostare la terapia corretta e/o considerare altre cause.
Il pannello tossicologico proposto copre una vasta gamma di analiti, focalizzato sulle sostanze frequentemente riscontrate a livello epidemiologico nei casi d’intossicazione animale.
In base alle caratteristiche chimico fisiche dell’analita ricercato, l’analisi può essere eseguita medicate cromatografia in fase gassosa o liquida abbinate alla spettrometria di massa (GC-MS, LC-MS/MS). Queste tecniche analitiche sono altamente specifiche e consentono la rilevazione delle sostanze d’interesse anche a concentrazioni molto basse.
Bibliografia
Bertero, A., Chiari, M., Vitale, N., Zanoni, M., Faggionato, E., Biancardi, A., et al. (2020) Types of pesticides involved in domestic and wild animal poisoning in Italy. Science of the Total Environment, 707, 136129.
Caloni, F., Cortinovis, C., Divolta, M. and Davanzo, F. (2016) Suspected poisoning of domestic animals by pesticides. Science of the Total Environment, 539, 331–336.
Calzetta, L., Roncada, P., Piras, C., Soggiu, A., Liccardi, G., Matteie, M. e Pistocchini, E. (2018) Geographical characteristics influencing the risk of poisoning in pet dogs: Results of a large population-based epidemiological study in Italy. The Veterinary Journal, 235, 63–69.
Rodenticidi anticoagulanti (cumarinici)
Analisi eseguibile su sangue intero in K3EDTA o siero.
L’analisi può essere richiesta in tre differenti modalità: qualitativa, quantitativa o quantitativa aggiuntiva. Quest’ultima modalità consente di integrare una richiesta precedentemente pervenuta come qualitativa, con un dato quantitativo, nel caso in cui si abbia la necessità di indagare l’entità dell’intossicazione.
I rodenticidi anticoagulanti sono i principali composti utilizzati per il controllo dei roditori e in base alle caratteristiche strutturali sono classificati di prima e seconda generazione. La prima categoria raggruppa warfarin, coumachlor, coumatetralyl e difacinone; mentre i cumarinici di seconda generazione comprendono bromadiolone, brodifacoum, flocoumafen, difenacoum e difethialone. Entrambe le categorie differiscono in tossicità e persistenza nell’organismo, in particolare quelli di seconda generazione si caratterizzano per l’elevata tossicità e persistenza nell’organismo anche dopo l’assunzione di una sola singola dose (Murphy, 2018; Park, 2014). Indipendentemente della loro struttura, l’azione dei cumarinici si svolge attraverso l’inibizione dell’enzima vitamina K epossido reduttasi. Questo produce la progressiva riduzione dei livelli ematici di vitamina K, il che si traduce in perdita della capacità di coagulazione del sangue con episodi di sanguinamento spontanei o traumatici. I rodenticidi cumarinici sono assorbiti dalla mucosa gastroenterica e si accumulano velocemente nel fegato saturando i siti di unione microsomiali. I segni clinici dell’intossicazione appaiono solitamente entro le 14-72 ore dopo l’ingestione del tossico. Il processo di smaltimento di questi tossici dall’organismo è caratterizzato da una eliminazione bifasica: la prima fase è relativamente veloce (più veloce per dosi alte e nei rodenticidi di prima generazione; più lenta a dosi basse e nei rodenticidi di seconda generazione), con una emivita a dosi sbullettali tra le 12 ore e 14 giorni nei rodenticidi di prima generazione e tra 20 e 90 giorni in quelli di seconda generazione. A questa prima fase di eliminazione ne segue una seconda, molto più lenta e caratterizzata dal ricircolo enteroepatico (Vandenbroucke et al., 2008). Questa cinetica di smaltimento obbliga al trattamento antidotico con vitamina K per almeno quattro settimane, per consentire la riduzione dei livelli ematici (ed epatici) di queste molecole a livelli non tossici. Tuttavia, in casi di intossicazioni gravi, e ancor di più se il responsabile è un rodenticida di seconda generazione, la presenza del tossico nell’organismo può protrarsi per diverse settimane, essendo necessario prolungare il trattamento con vitamina K.
Nella pratica clinica il processo di smaltimento dei cumarinici è solitamente monitorato mediante la valutazione dei parametri della coagulazione 24-48 ore dopo la sospensione del trattamento con vitamina K. Tempi di coagulazione aumentati indicano che il tossico è ancora attivo nell’organismo e che è necessario continuare il trattamento. Un tipo di monitoraggio alternativo, che evita la sospensione dell’antidoto, è la ricerca del rodenticida che ha causato l’intossicazione all’interno di un campione di sangue del paziente.
Inoltre, la quantificazione iniziale e durante il/i monitoraggio/i successivi offre un quadro completo dell’intossicazione e dello smaltimento, permettendo di programmare con maggior accuratezza la durata del trattamento antidotico.
Bibliografia
Murphy, M.J. (2018) Anticoagulant Rodenticides. In Gupta, R.C. (ed.), Veterinary Toxicology: Basic and Clinical Principles, Third edition, Chapter 46. Elsevier Inc., pp 583-612.
Park, J. (2014) Can we more efficiently save patients with vitamin K-dependent coagulopathy caused by superwarfarin intoxication? Korean Journal of Internal Medicine, 29, 430–433.
Vandenbroucke, V., Bousquet-Melou, A., De Backer, P. and Croubels, S. (2008) Pharmacokinetics of eight anticoagulant rodenticides in mice after single oral administration. Journal of Veterinary Pharmacology and Therapeutics, 31, 437–445.
Insetticidi organofosforati/organofosfati e carbammati
Analisi eseguibile su sangue intero in K3EDTA. Si consiglia l’invio di un campione di urina insieme al sangue.
Gli insetticidi organofosfati (OF) e carbammati (CM) agiscono attraverso l’inibizione dell’enzima acetilcolinesterasi (AChE). Il meccanismo di azione della AChE consiste nell’unione veloce al gruppo acetilo del neurotrasmettitore, producendo colina e AChE acetilata. L’enzima viene velocemente liberato dal gruppo acetilo in presenza di acqua, liberando acetato. In presenza di OF o CM l’AChE rompe queste molecole e si lega al gruppo fosforico o carbammico, rispettivamente, ma il tempo di idrolisi della forma carbammilata o fosforilata dell’AChE è molto superiore a quello della forma acetilata (Mangas et al., 2017). Infatti, l’emivita dell’enzima acetilato è di 150 µs, mentre l’emivita della forma carbammilata è di 15 – 30 min e di diversi giorni per la forma fosforilata. Inoltre, la dealchilazione della forma fosforilata produce un enzima “invecchiato” irreversibilmente inibito (Gupta et al., 2018).
I primi sintomi da intossicazione sopraggiungono in modo immediato. A seconda della molecola coinvolta e dall’entità di esposizione al pesticida, il paziente può manifestare sintomi severi sin dai primi minuti. I segni clinici possono essere classificati in muscarinici, nicotinici e centrali. I primi comportano la stimolazione a carico dei recettori muscarinici da parte dell’acetilcolina e possono causare vomito, dolore addominale, salivazione, minzione, diarrea, miosi, secrezione tracheobronchiale, edema polmonare e cianosi. La stimolazione dei recettori nicotinici si manifesta a carico dei gangli autonomi e nel muscolo scheletrico, causando spasmi muscolari, tremori e convulsioni che possono portare alla paralisi. Invece, gli effetti a livello centrale mostrano eccitabilità e depressione, in alcuni casi portano rigidità del collo e, nei più gravi, lo stato di coma (Gupta et al., 2018). Nelle condizioni più severe, la morte avviene per insufficienza respiratoria e arresto cardiaco. È importante segnalare che non tutti gli animali intossicati mostrano la stessa sintomatologia. Inoltre, a dosi non letali i sintomi causati da ogni OF o CM possono variare molto perché l’AChE non è l’unico bersaglio, ma possono agire su altri enzimi e ricettori, come la butirilcolinesterasi o il ricettore cannabinoide tipo 1, tra tanti altri (Gupta, 2004).
La diagnosi di intossicazione si basa nei segni clinici e la misurazione dell’attività delle colinesterasi. Tuttavia, la conferma diagnostica si può ottenere con il rilevamento del composto o dei suoi metaboliti in sangue o urina. A causa della bassa emivita di queste sostanze si consiglia l’invio di un campione di sangue prelevato tempestivamente, e un campione di urina.
Bibliografia
Gupta, R.C. (2004) Brain regional heterogeneity and toxicological mechanisms of organophosphates and carbamates. Toxicology Mechanisms and Methods 14, 103-143.
Gupta, R.C., Sachana, M., Mukherjee, I.M., Doss, R.B., Malik, J.K. and Milatovic, D. (2018) Organophosphates and Carbamates. In Gupta, R.C. (ed.), Veterinary Toxicology: Basic and Clinical Principles, Third edition, Chapter 37. Elsevier Inc., pp 495-508.
Mangas, I., Estevez, J., Vilanova, E. et al. (2017). New insights on molecular interactions of organophosphorus pesticides with esterases. Toxicology. 376, 30-43.
Piretroidi
Analisi eseguibile su sangue intero in K3EDTA.
I piretroidi sono insetticidi sintetici analoghi alle piretrine, sostanze naturali che procedono dei fiori del piretro (Pyrethrum cinerariaefolium). I principali bersagli dei piretroidi a livello molecolare sono i canali di sodio, nei quali produce un rallentamento dell’apertura e chiusura, con conseguente accumulo di sodio (Soderlund, 2012). Il risultato è una cellula in uno stato costante di ipereccitabilità. In modo minore agiscono anche sui canali di calcio, potassio e cloro.
I sintomi di intossicazione sopraggiungono velocemente, e includono salivazione, vomito, ipereccitabilità, tremori, convulsioni, dispnea, debolezza, prostrazione e morte. I gatti sono molto più sensibili ai piretroidi che i cani (Meyer, 1999).
La diagnosi si basa nella sintomatologia in assenza di diminuzione dell’attività delle colinesterasi. L’analisi tossicologica mediante cromatografia liquida e spettrometria di massa tandem è molto utile per la diagnosi, cercando i diversi piretroidi e l’acido 3-fenossibenzoico (3-PBA), metabolita comune a molti di loro. Per via della corta emivita di questi composti, si consiglia l’invio di un campione di sangue prelevato tempestivamente.
Bibliografia
Soderlund, D.M. (2012) Molecular mechanisms of pyrethroid insecticide neurotoxicity: recent advances. Archives of Toxicology, 86, 165-181.
Meyer, K.E. (1999) Toxicosis in cats erroneously treated with 45 to 65% permethrin products. Journal of the American Veterinary Medical Association, 215, 198_203.
Cannabinoidi -THC
Analisi eseguibile su sangue intero in K3EDTA o siero.
L’analisi consente la rilevazione del più potente principio attivo della cannabis: Delta-9-tetraidrocannabinolo. La via più frequente di esposizione negli animali domestici è la orale, per ingestione accidentale della cannabis o dei suoi derivati.
Il meccanismo di azione del THC non è ancora chiaro, ma agisce sui recettori cannabinoidi CB1 e CB2 che si trovano a livello del sistema nervoso centrale e periferico, rispettivamente. I ricettori CB1 attivati inibiscono l’acetilcolina, GABA, glutammato, dopamina, noradrenalina e serotonina (Amari, 1999; McGuigo, 2006).
Gli animali domestici come il cane e il gatto sono molto più sensibili al THC che gli esseri umani, e possono presentare segni di intossicazioni gravi (Fitzgerald et al., 2013). La sintomatologia include atassia, incoordinazione, depressione, ipersalivazione, ipotermia, bradicardia, midriasi, vomito e tremori. In alcuni casi, dopo l’ingestione di cannabis i cani presentano stupore, nistagmo, vocalizzazione, ipereccitabilità, tachipnea, tachicardia e ipertermia. Tuttavia, i segni più comuni sono la depressione e atassia. I sintomi di intossicazione possono protrarsi più di un giorno (Fitzgerald et al., 2013).
L’analisi di un campione di sangue intero o siero mediante cromatografia liquida abbinata alla spettrometria di massa tandem è molto utile per confermare un sospetto clinico, soprattutto tenendo conto della potenziale difficoltà nell’acquisire un’anamnesi affidabile per questo tipo di intossicazione.
Bibliografia
Amari A. (1999) The effects of cannabinoids on the brain. Progress in Neurobiology, 58, 315–348.
Fitzgerald, K. T., Bronstein, A.C. and Newquist, K (2013). Marijuana Poisoning. Topics in Companion Animal Medicine, 28, 8-12.
McGuigon M. (2006) Cannabinoids. In: Goldfrank LR, Flomenbaum NE, Lewin NA, et al., editors. Goldfrank’s Toxicological Emergencies. 8th ed. New York: McGraw-Hill; p. 1212–1220.
Metaldeide
Analisi eseguibile su sangue intero in K3EDTA o siero.
La metaldeide è il principale composto attivo dei lumachicidi, e costituisce la terza causa di intossicazione degli animali domestici in Italia e in Europa. In Italia, inoltre, i lumachicidi contenenti metaldeide sono uno dei prodotti più utilizzati per la preparazione di esche avvelenate a scopo doloso. La metaldeide può causare intossicazione in quasi tutte le specie di mammiferi, anche a basse concentrazioni. La dose letale mediana (LD50) nei cani e nei gatti varia da 100 a 300 mg/kg (von Burg e Stout, 1991).
Il meccanismo di azione della metaldeide non è del tutto chiaro, ma si ritiene che riduca la concentrazione di diversi neurotrasmettitori come la noradrenalina e l’acido gamma-amminobutirrico (GABA), causando depressione del sistema nervoso centrale. I sintomi principali sono di natura neurologica e includono convulsioni, tachicardia, nistagmo, dilatazione delle pupille, iperestesia, ipersalivazione, iperpnea, atassia, rigidità muscolare e opistotono (Kitagaki, 2013). Poiché la metaldeide è anche un irritante gastrico, questi sintomi possono essere accompagnati da vomito e diarrea. Inoltre, l’aumento dell’attività muscolare può causare ipertermia e acidosi.
La presenza di materiale verde-azzurro nel contenuto gastrico o nelle feci, insieme al quadro sintomatico descritto, può suggerire la diagnosi. Tuttavia, la conferma avviene tramite l’analisi di un campione di sangue intero o siero mediante gas-cromatografia abbinata alla spettrometria di massa (Masti et al., 2023).
Bibliografia
Kitagaki, J.M. (2013) Metaldehyde Toxicosis in Dogs. Veterinary Technician 34, n. 3, E1–E4.
Masti, R., Barolo, E., Bertolini, F.M., De Arcangeli, S., Furlanello, T. and Sanchez del Pulgar, J. (2023) Analysis of metaldehyde in animal whole blood and serum by gas chromatography–mass spectrometry. Journal of Analytical Toxicology, 00, 1-6.
Von Burg, R. and Stout, T. (1991) Metaldehyde. Journal of Applied Toxicology, 11, 377–378.
Glicole etilenico
Analisi eseguibile su sangue intero in K3EDTA, siero o urine.
Il glicole etilenico è un composto chimico con diversi usi industriali ed è anche il componente principale degli anticongelanti utilizzati nei veicoli. Il suo sapore dolce lo rende appetibile per gli animali, aumentando la possibilità di ingestione accidentale.
Il glicole etilenico di per sé ha una tossicità simile a quella dell’alcol etilico, producendo depressione del sistema nervoso centrale. Tuttavia, il glicole etilenico viene rapidamente metabolizzato a glicoaldeide dall’enzima alcol deidrogenasi, trasformandosi successivamente in acido glicolico, acido gliossilico e acido gliossalico (Jacobsen e McMartin, 1986). Quest’ultimo si lega agli ioni di calcio producendo ossalato di calcio, che si deposita in diversi tessuti. L’accumulo di questi cristalli è particolarmente grave a livello renale, causando danni ai tubuli renali (Rosenstock et al., 1986). I primi segni clinici che si manifestano includono depressione del sistema nervoso centrale e irritazione della mucosa gastrica. I metaboliti del glicole etilenico provocano acidosi metabolica e insufficienza renale acuta. I segni clinici includono tachicardia, ipersalivazione, dispnea, atassia, oliguria e morte.
La diagnosi precoce è fondamentale nel trattamento dell’intossicazione da glicole etilenico per poter intervenire sulla cascata metabolica e prevenire la formazione di metaboliti tossici (Schweighauser e Francey, 2016). I primi segni clinici sono poco specifici, quindi il rilevamento tempestivo del composto nel sangue, nel siero o nelle urine mediante gas-cromatografia e spettrometria di massa può cambiare drasticamente la prognosi dell’intossicazione. In caso di sospetto, si consiglia di inviare un campione prelevato tempestivamente. Se la visita clinica avviene diverse ore dopo la presunta intossicazione, tenendo conto della breve emivita del glicole etilenico, si raccomanda vivamente l’invio di un campione di urine.
Bibliografia
Jacobsen, D. and McMartin, K.E. (1986) Methanol and Ethylene Glycol Poisonings: Mechanism of Toxicity, Clinical Course, Diagnosis and Treatment. Medical Toxicology, 1, 309–334.
Rosenstock, J.L., Joab, T.M.J., DeVita, M.V., Yang, Y., Sharma, P.D. and Bijol, V. (2022) Oxalate nephropathy: a review. Clinical Kidney Journal, 15, 194–204.
Schweighauser, A. and Francey, T. (2016) Ethylene glycol poisoning in three dogs: Importance of early diagnosis and role of hemodialysis as a treatment option. Schweizer Archiv Fur Tierheilkunde, 158, 109–114
Lattoni macrociclici
Analisi eseguibile su sangue intero in K3EDTA
I lattoni macrociclici (LM) sono composti utilizzati come insetticidi, acaricidi e nematocidi in diverse specie animali. La loro tossicità deriva dall’interazione con i canali del cloro attivati dai neurotrasmettitori acido gamma-amminobutirrico (GABA) e glutammato (Lanusse et al., 2009). Questi ultimi sono esclusivi degli invertebrati, mentre i primi richiedono alte concentrazioni di LM per l’attivazione. Nei mammiferi, i canali del cloro attivati dal GABA e sensibili ai LM si trovano solo nel sistema nervoso centrale, dal quale i LM vengono esclusi grazie all’azione estrattiva della pompa P-glicoproteina 1 (Gwaltney-Brant et al., 2018). Tuttavia, in casi di deficienza di questo trasportatore, sovradosaggio di LM o inibizione farmacologica, i LM possono causare segni di intossicazione. Alcune razze canine sono più suscettibili alla deficienza della P-glicoproteina 1 a causa di una mutazione nel gene che la codifica (ABCB1). Queste razze includono il Pastore Australiano, Collie e Border Collie, Pastore Inglese, Pastore Tedesco, Pastore Svizzero, Waeller, Whippet a pelo lungo, McNab, Bobtail e Pastore Scozzese (Gwaltney-Brant et al., 2018).
La sintomatologia dell’intossicazione è principalmente legata alla depressione del sistema nervoso centrale, ma possono manifestarsi anche altri sintomi come ipersalivazione, vomito, letargia, atassia, tremori, ipertermia o ipotermia, cecità, convulsioni, coma e morte.
La diagnosi si basa sulla sintomatologia, che è poco specifica, e sulla ricerca delle sostanze in un campione di sangue mediante cromatografia liquida e spettrometria di massa tandem.
Bibliografia
Lanusse, C.E., Lifschitz, A.L., Imperiale, F.A. (2009) Macrocyclic lactones: endectocide compounds. In: Reviere, J.E., Papich, M.G. (Eds.), Veterinary Pharmacology and Therapeutics. Wiley-Blackwell, Ames, IA, pp. 1119-1144.
Gwaltney-Brant, S. M., DeClementi, C. and Gupta, R.C. (2018) Macrocyclic Lactone Endectocides. In Gupta, R.C. (ed.), Veterinary Toxicology: Basic and Clinical Principles, Third edition, Chapter 43. Elsevier Inc., pp 539-550.
Stricnina
Analisi eseguibile su sangue intero in K3EDTA
L’avvelenamento da stricnina è una condizione grave causata dall’ingestione o dall’esposizione alla stricnina, un composto alcaloide altamente tossico presente in alcune piante, principalmente nell’albero Strychnos nux-vomica. La stricnina è stata utilizzata come rodenticida in passato. Sebbene il suo uso sia stato bandito anni fa, è ancora responsabile di numerosi episodi di intossicazione negli animali domestici e selvatici (Calzetta et al., 2018), sia per ingestione accidentale che in casi di avvelenamenti dolosi.
La stricnina inibisce la glicina nel sistema nervoso centrale. Di conseguenza, gli stimoli sensoriali diventano eccessivi e la risposta muscolare diventa esagerata (Murphy, 2002). I primi segni clinici si manifestano rapidamente e gli animali mostrano segni di apprensione e rigidità. I sintomi progrediscono verso una rigidità tonica dei muscoli estensori, specialmente dopo stimoli luminosi. La morte si verifica frequentemente in opistotono, in seguito all’ipossia causata dalla paralisi dei muscoli respiratori (Murphy, 2002).
La diagnosi clinica può essere confermata in laboratorio mediante l’analisi di un campione di sangue tramite cromatografia liquida e spettrometria di massa tandem.
Bibliografia
Calzetta, L., Roncada, P., Piras, C., Soggiu, A., Liccardi, G., Matteie, M. e Pistocchini, E. (2018) Geographical characteristics influencing the risk of poisoning in pet dogs: Results of a large population-based epidemiological study in Italy. The Veterinary Journal, 235, 63–69.
Murphy, M.J. (2002) Rodenticides. Veterinary Clinics of North America, Small Animal Practice, 32, 469–484.